La tesoreria è quella funzione che, nelle aziende pubbliche e private, si occupa della gestione degli incassi e dei pagamenti.

Il passaggio da Basilea II a Basilea III ha generato conseguenze importanti per le aziende.

Partiamo da lontano per capire in primis cosa rappresenta il Comitato di Basilea nel panorama finanziario mondiale. Fu istituito nel 1974 dalle banche centrali dei paesi G20 al fine di definire una regolamentazione della vigilanza bancaria per assicurare stabilità al sistema finanziario globale.

Basilea I (1988) si proponeva di ottimizzare i requisiti patrimoniali minimi delle banche per limitare il comportamento, alquanto aggressivo, di alcuni istituti di credito sul mercato.

Nel 1999 debutta Basilea II, che prende spunto dai limiti imposti nel primo accordo, articolandosi su tre aspetti fondamentali: requisiti patrimoniali, controllo prudenziale e disciplina di mercato.

Basilea III nasce in relazione alla necessità di limitare default e problematiche della crisi finanziaria globale (2010): questa riforma si propone di limitare le assunzioni di rischio da parte degli operatori rendendo il sistema più stabile.

Basilea III, che riguarda gli intermediari finanziari, introduce il concetto di standard minimo di liquidità, fissa requisiti patrimoniali più elevati e si propone di ottimizzare la copertura dei rischi di mercato e il contenimento del livello di leva finanziaria, unitamente alla messa in opera di opportune misure anticicliche.

Basilea III impone, quindi, che gli istituti di credito istituiscano una quota minima di risorse che consenta di superare una fase di default di almeno 30 giorni, senza dover ricorrere al mercato o all’intervento della banca centrale.

Le attività meno liquide devono, quindi, essere finanziate attraverso fonti di “funding stabile”, con il conseguente incremento del funding a medio e lungo termine.

Basilea III punta forte sul ruolo del patrimonio come leva per incrementare la sicurezza e la stabilità degli intermediari.

Per effetto di queste disposizioni, gli istituti di credito hanno l’obbligo di accantonare capitale “di sicurezza” sufficiente, senza cedere alle lusinghe di investimenti troppo rischiosi.

Basilea III ha comportato maggiore rigidità delle banche nei confronti delle aziende e dei finanziamenti concessi. Fondamentale si rivela il rating, ossia il livello di sicurezza e solvibilità delle imprese. Ma le aziende si erano preparate a Basilea II? Pare di no. Le disposizioni di fine anni ’90 sono state puntualmente ignorate, così come la necessità di dotarsi di strumenti per il calcolo del proprio rating, l’adeguamento delle modalità di comunicazione finanziaria, il focus sulle attività di pianificazione e soprattutto l’aumento della patrimonializzazione come elemento strategico per le performance dell’azienda.

In Basilea III le aziende devono puntare a rafforzarsi dal punto di vista del patrimonio e, contemporaneamente, generare maggiore redditività che, giocoforza, produce flussi di cassa migliori.

Così come la banche, anche le imprese devono ridefinire i propri standard e processi finanziari interni, al fine di risultare più affidabili, solide e inattaccabili.

Basilea III è un obiettivo possibile, a patto che l’intera gestione dell’azienda sia vista sotto un’altra ottica, nel senso delle performance, della profittabilità e della presenza di cash flow reale.